LO SVILUPPO DELL’ANIMA NELL’UOMO.
In merito al complesso materno maschile, dobbiamo dire innanzitutto
che esso, primo, ha sempre connotazione negativa, in quanto, tale rapporto è condizionato dalla differenza sessuale; secondo , la madre, essendo la prima donna che il bambino incontra, inconsciamente o meno, sommessamente o clamorosamente è colei che influirà in maniera più o meno marcata sulla maschilità del figlio. Compito evolutivo dell’uomo che vuole diventare individuo è quello di lavorare sulla figura materna, onde evitare che l’archetipo ad essa legato cada nell’inconscio insieme al suo potenziale energetico. Per riuscire ad uscire dal mondo matriarcale ed iscriversi in quello patriarcale, il bambino deve poter uccidere, simbolicamente, la madre soffocante; sia che la madre personale sia o meno castrante, tale processo deve aver luogo (Carotenuto, 1977, p. 155). Il bambino in tale processo è, o quanto meno dovrebbe, essere aiutato dal padre personale, il quale viene confrontato con il “ Padre Archetipico”. A tale proposito è bene dire che un uomo che si identifica con il l’Archetipo paterno, non è assolutamente in grado di svolgere il suo ruolo principale, ovvero, staccare il figlio dalla madre. In questo caso, egli non saprà esprimere affetto al figlio il quale si vede costretto a difendersi da un nemico esterno (padre personale) oltre che da uno interno (Archetipo del padre) spesso troppo potente per la sua giovane età. Non solo, dato che il figlio si identifica con il padre, egli stesso assume dentro di se lo stesso grado di inconsapevolezza e di coazione. Un padre privo di libertà interiore tende a possedere il figlio, ad impedire che cresca secondo i suoi desideri profondi. In questo modo accade che il figlio non solo si debba liberare del mondo materno ma, anche, di quello paterno. Questa situazione è però ben più difficile per un bambino, poiché, non può più contare sul padre per compiere la separazione dalla madre ed entrare nella vita adulta. Il padre identificato con il potere, infatti, non si assume il compito di iniziare il figlio alla vita. Piuttosto lo sacrifica al suo interesse. Inconsapevole del proprio compito e della responsabilità che porta nei confronti del figlio, il padre collude con il mondo materno nell’impedire al figlio l’autonomia. I padri che criticano i moti affettivi dei figli non sanno ciò che fanno e poiché sottostanno alla coazione, non sanno che la trasmettono ai figli e con ciò li rendono schiavi e dei genitori e dell’inconscio in generale. Possiamo osservare che nel bambino una relazione errata con il padre rafforza il “Complesso materno”. Se ciò accade l’uomo si fissa sull’immagine materna, la quale una volta razionalizzata e corretta, lega per sempre l’uomo alla razionalità. Se da un lato essere razionali è tipico dell’uomo e comporta un vantaggio e una virtù, dall’altro non credere in ciò che è irrazionale provoca un impoverimento ed una limitazione (Ibidem, p. 48). L’uomo che tende a trascurare tutto quanto non si conforma al suo giudizio razionale si chiude all’inconscio e quindi, alla sua parte femminile, quella parte anima che, come già sostenuto da Platone, apre la strada ad un dono divino. Platone, nel Fedro, critica l’essere troppo razionali, specie nelle questioni d’amore, ed attribuisce grande valore all’irrazionalità perché, da essa derivano le disposizioni ricettive di tipo femminile che rendono l’uomo sensibile alle suggestioni che provengono da ambiti esterni alla coscienza (E.Jung, 1883, p. 83).
E’ quindi necessario per l’uomo non identificarsi in maniera eccessiva con la coscienza egoica maschile, onde evitare di restare fermo in uno “stato di natura”. Lo stesso avviene nella differenziazione delle funzioni psicologiche, difatti, la funzione inferiore, quella che nel corso dello sviluppo rimane indifferenziata ed indietro contiene la componente Anima, alla quale rimane inconsapevolmente legata (Ibidem, p. 85).
Da quanto fin qui delineato appare necessario che l’uomo si stacchi dalla madre poiché se non accade egli rimane invischiato in un complesso materno negativo e si esprimerà spesso secondo atteggiamenti di irritazione, incertezza, insicurezza ed emotività.
In simili personalità la figura negativa della madre-anima determina una sorta di torpore, di paura della fatica; tutta la loro esistenza si colloca così in una dimensione tetra ed oppressiva. Altresì egli sarà portato ad esprimersi in maniera donnesca ed a svalutare tutti gli aspetti della vita a sottolineare che la loro natura è sottilmente distruttiva ( Franz von in Jung, 1967, p. 164). Non meno problematici saranno gli uomini che sviluppano un complesso positivo perché, o divengono troppo effeminati, o si perdono con le donne, diventando così incapaci di fronteggiare le difficoltà della vita (Ibidem p. 165).
Tra le varie funzioni dell’Anima vi è quello di essere per l’uomo come uno specchio che ne riflette i pensieri, le emozioni ed i sentimenti; questo è il motivo per la quale essa, sia come figura interiore che come donna esteriore è così importante per l’evoluzione dell’uomo. E’ solo attraverso il rapporto che egli è in grado di intrattenere con lei che può venie a conoscenza di quelle qualità che inversamente rimarrebbero inconsce. E’ la presenza dell’Anima quella che fa si che l’uomo si innamori all’improvviso, quando, vedendo una donna per la prima volta, si rende conto di aver trovato “la” donna; l’uomo è convinto di conoscere quella donna da sempre e così la sua dedizione a lei diventa talmente incondizionata da farlo apparire, agli occhi di chi lo conosce, totalmente folle. La donna che maggiormente attira la proiezione dell’Anima è la donna “fata” perché, a lei l’uomo può attribuire tutte le qualità, essendo talmente affascinante ed indeterminata da poter essere messa al centro delle più varie fantasie ( Franz von, in Jung, 1968, p. 167). Questa proiezione dell’Anima può, però, essere fonte di gravi perturbamenti famigliari e determinare l’insorgenza del cosiddetto “triangolo umano”, perché l’uomo proietta sulla donna la “sua donna interiore” la donna che lui desidera, ma questa donna non è una donna reale quanto un suo artefatto. Una donna reale è qualcosa di diverso e “ quando l’uomo si imbatte in quest’ultima e proietta su di lei Elena, la cosa semplicemente non combacia, e il disastro è inevitabile”(Jung, 1925, p. 183). L’uomo può evitare ciò solo se riconosce che l’Anima è un elemento ed una forza interiore e come tale non può trovare una incarnazione esteriore. Spesso , però, è proprio l’attuazione di questo genere di unione che porta l’uomo a sviluppare ed a portare a maturazione la propria personalità in quanto, gli consente di integrare gli elementi inconsci alla sua personalità cosciente (Ibidem), tale processo resta, però, precluso all’uomo fintanto che dura la proiezione (E. Jung 1983, pag. 109). La proiezione è, quindi, una condizione non auspicabile perché, l’Anima proiettata nel mondo esteriore, finisce per vivere e manifestarsi solo in esso. Questa condizione può determinare uno stato continuo di disagio, in quanto l’uomo diviene vittima delle proprie fantasie erotiche, o si rende schiavo di una donna reale e vera. Solo la dolorosa ma semplice decisione di considerare con sincerità le proprie fantasie ed i propri sentimenti consente all’uomo di raggiungere la propria individualità, perché in questo modo egli può appurare il significato e la vasta portata dell’Anima, solo così essa può manifestare la sua vera ed intima natura, quella della “donna dentro di se” in grado di trasmettergli il messaggio vitale di se ( Franz von in Jung, 1967, p. 171).
Per poter giungere al pieno sviluppo l’anima passa attraverso quatto stadi i quali corrispondono ad Eva la quale è legata a rapporti di ordine puramente biologico ed istintivo; Elena, così come appare nel Faust, che simboleggia uno stato romantico, come di estasi, caratterizzato comunque, ancora da elementi sessuali; la Vergine Maria, una donna che solleva l’amore all’altezza della devozione spirituale; la Sapientia, la saggezza che trascende anche le manifestazioni più sante e più pure (Ibidem, pag. 169). Queste quattro figure sono tra loro contrapposte (Eva-Maria; Elena-Sapientia) ma interagenti, e per un felice sviluppo della personalità c’è bisogno che tutte e quattro siano integrate nella coscienza.
Da quanto fin qui delineato si potrebbe pensare che l’Anima assuma solo connotazione negativa, ma ciò errato, anche se le sue manifestazioni più plateali si hanno in tal senso. Integrare l’Anima è l’aspetto più difficile nel corso del processo d’individuazione ma una volta riusciteci l’uomo può beneficiare dei suoi doni. Uno dei suoi regali è quello di aprire all’uomo la possibilità di relazionarsi in modo più appropriato con la donna reale. Questo accade solo riuscendo a sviluppare l’Eros, ovvero il principio della relazione: “ Ciò implica non solo il percepire ma anche il far uso dei propri sentimenti, in quanto per la creazione e soprattutto per la conservazione di un rapporto è indispensabile un corretto giudizio di valore, che è poi ciò in cui consiste il sentimento”. Ciò equivale quindi, all’integrazione di tutte le funzioni psicologiche, alle quali, come sottolineato in precedenza, l’Anima è legata in modo indissolubile. L’uomo nel suo contatto con l’Anima è anche in grado di sviluppare un contatto con la propria voce interiore, quella voce già conosciuta dai romani come “Genius” e dai greci come “Daimon” la quale appare legata all’Anima una volta che lei si è palesata alla coscienza dell’uomo. a tale proposito Jung sottolinea che una volta che l’uomo fa la conoscenza con la propria Anima si accorge che lei è accompagnata da un'altra figura Archetipica quella del “Vecchio Saggio” il quale svolge un ruolo importante nella psicologia maschile. Egli è “ l’uomo di prestigio, l’uomo con una bassa soglia di coscienza o con una notevole intuizione…Ha capacità di entrare in contatto con gli archetipi. E’ avvolto dal mana, e risveglia altri uomini perché tocca gli archetipi negli altri. E’ affascinante, e di fronte a lui si avverte un brivido. E’ l’uomo saggio, il medicine man, l’uomo mana (Jung, 1925, p. 154).
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